Tutto da cambiare, Tonino!

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lunedì 7 ottobre 2013

Mostre in corso a Firenze

Una mostra fotografica dedicata allo specchio! Un gioco di riflessi per sei sguardi diversi. Un gruppo di fotografi professionisti si è confrontato con il tema dello specchio, oggetto dell'arredo e metafora di molto altro, per realizzare una mostra, unica nel suo genere, negli ambienti di Selfhabitat, negozio di design e arredamento di Viale De Amicis. I loro scatti, inediti e originali, pensati appositamente per la mostra "Sguardi Riflessi", sono accolti e contestualizzati nello spazio di Selfhabitat rivelando tutta la loro valenza artistica, a suggerire una funzione della fotografia imprescindibile nel mondo dell'abitare.
"Riflesso luminoso, riflesso mentale, riflesso fisico, riflesso intellettuale sono declinazioni di un unico termine, reale quanto illusorio e incontrollabile - dice Dora Liscia Bemporad, docente di Storia delle Arti Applicate dell'Università di Firenze commentando il tema della mostra - In qualsiasi apparenza si manifesti, si tratta sempre di una distorsione della realtà che non corrisponde in nessun caso ad un doppio perfetto. Lo specchio diventa il paradigma delle sfumature che la figurazione può assumere sia da parte di chi osserva, sia da parte di chi interpreta. Il mezzo fotografico è l'unico attraverso l'interpretazione dell'artista a cogliere le diverse sfumature, anche coesistenti, sia in uno scatto che riprenda un aspetto della realtà circostante, sia che sia frutto di una rielaborazione successiva dell'immagine".
Fino al 2/11  - SelfHabitat - viale De Amicis, 169/175 - Firenze
Viaggio in Oriente. Fotografie dall'Africa a Casa Martelli - Museo di Casa Martelli - L'esposizione, visibile ogni giovedì dalle 14 alle 19 e ogni sabato dalle 9 alle 14, resterà aperta fino al 7 novembre prossimi. Il fascino esotico e misterioso che legò gli occidentali al Medio Oriente e all'Africa mediterranea esplose con le campagne militari di Napoleone. Nei decenni successivi viaggiatori, artisti, archeologi e studiosi calcarono quelle sabbie sconosciute. L'Oriente, e i suoi paesaggi, le sue contrade dalle atmosfere insolite, divengono così soggetti prediletti dai fotografi (negli anni tra il 1869 e il 1900 se ne contano al Cairo oltre 250, dei quali 100 francesi). La produzione commerciale ebbe un vero e proprio decollo, conquistandosi una clientela turistica che approda alle terre orientali fin dagli anni sessanta dell'Ottocento; dall'apertura del Canale di Suez, nel 1869, l'Egitto diviene una meta prediletta per tutti i viaggiatori. Fra questi vi fu il contributo, attento e insostituibile del fotografo francese Émile Béchard, che aprì uno studio al Cairo, dal 1869 al 1873 in via Mousky nel quartiere dell'Ezbekiya, dove visse fino al 1880. Il suo nome viene di frequente associato a quello di un altro fotografo francese, Hippolyte Délié, e le stampe vengono spesso firmate: Béchard, E. Béchard, oppure H. Béchard. Quest'ultima firma ha indotto più storici ad ipotizzare l'esistenza di un altro fotografo, un presunto Henri Béchard. Si deve invece al fratello Hippolyte, che non lavorò mai in Egitto, l'ampia diffusione delle opere fotografiche di Émile, diffusione che consentirà a quest'ultimo di essere insignito della medaglia d'oro all'Esposizione Universale di Parigi nel 1889 per il lavoro L'Égypte et la Nubie: grand album monumental, historique, architectural. Oltre all'imponente lavoro sui grandi monumenti dell'antico Egitto, Émile Béchard raggiunse una buona reputazione per le scene di genere e i ritratti della popolazione del nord Africa come testimoniano le fotografie in mostra. A una clientela benestante, spinta dal desiderio di pellegrinaggio in Terra Santa o dalla scoperta dei siti d'Egitto, piacquero particolarmente le immagini delle strade del Cairo e della vita quotidiana della popolazione. La collezione di fotografie di Casa Martelli ne offre un esempio perfetto: i 24 intensi ritratti furono infatti acquistati da Carlo Martelli (1850-1945), padre dell'ultima generazione di cui abbiamo raccolto l'eredità, durante il suo viaggio in Terra Santa in compagnia di un gruppo di amici fiorentini. La carovana, che parte da Livorno il 26 di agosto e rientra in Italia il 24 ottobre 1879, toccherà Alessandria, il Cairo, Porto Said, Jaffa, fino a raggiungere le agognate mete dei luoghi santi, fra cui Gerusalemme, Betlemme, Emmaus e il Mar Morto, il lago di Tiberiade, Nazaret, e infine Damasco e Beirut, da dove rientrerà via mare ad Alessandria.Il giovane Carlo, affascinato dai colori, le luci, i costumi delle popolazioni, rivive con grande attenzione ed interesse l'esperienza comune ai viaggiatori, ai pittori e non ultimi ai fotografi, che avevano cercato, con sensibilità e aiuti tecnici di farli propri. Museo di Casa Martelli via Zannetti, 8 Firenze Orario visibile ogni giovedì dalle 14 alle 19 e ogni sabato dalle 9 alle 14 Biglietto gratuito
Prenotazione obbligatoria € 3,00
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BASE / Progetti per l'arte festeggia il quindicesimo anno di attività presentando un progetto di David Tremlett appositamente ideato per Firenze. L'opera dal titolo "Due Pareti" è costituita da due nuovi wall painting a pastello che permettono una lettura inedita dello spazio espositivo, oltre ad aprire una riflessione su quale sia e su come è cambiato il ruolo del colore e del disegno nella cultura occidentale dalla preistoria ad oggi. L'artista, famoso dalla fine anni settanta per le sue pareti pittoriche che evidenziano i limiti dell'architettura, rendendola al contempo rarefatta e sensibile, descrive il senso dei due ultimi wall painting pensati per BASE in questi termini: "Dopo qualche tempo nell'est asiatico, recentemente, i disegni sono emersi: Il disegno pensato in Giappone è quello a struttura verticale, il disegno orizzontale è quello concepito in Vietnam. […] Il disegno è spesso una risposta a ciò che appare di fronte all'artista (l'idea, il soggetto in questione), spesso l'anticipazione di qualcosa che sta per avvenire. Il mio lavoro insiste ripetutamente sul muro dell'architettura". Il progetto evidenzia come l'interesse di Tremlett di indagare i codici dell'astrazione geometrica e i pattern decorativi sia sempre in funzione della relazione tra superficie, colore, contenitore architettonico e spettatore che lo fruisce, al fine di stabilire uno spazio mentale in dialogo con quello squisitamente fisico. David Tremlett (Cornovaglia, Inghilterra, 1945; vive e lavora in Inghilterra), sin dai suoi primi esordi nel clima concettuale alla fine degli anni sessanta, ha sviluppato un atteggiamento critico verso il linguaggio estetico modernista. I suoi studi nell'ambito della scultura lo portano a riflettere su questa pratica, attitudine che lo accompagna in tutto il suo percorso, fino a voler sostituire la solidità plastica dell'oggetto e la presenza concreta dei materiali con la visualizzazione del progetto e del processo realizzativo dell'opera. Nascono così le prime investigazioni sulla realtà che lo circonda e prendono forma le prime opere effimere realizzate con materiali trovati come chiodi, grasso e graffite. Invece, le fotografie, le installazioni sonore e i disegni lineari divengono il modo per testimoniare le osservazioni sui luoghi visitati in prima persona. Il viaggio, infatti, è per Tremlett alla base della vita e dell'arte, questa convinzione lo porta nel 1971 a intraprendere un cammino a piedi e in autostop da Londra verso l'Australia per ritrovare i suoi genitori. Le cartoline che spediva dai luoghi che attraversava costituiscono oggi l'opera presente alla fondazione Henry Moore di Leeds. La dimensione del viaggio come fattore di continue scoperte suggerisce all'artista di realizzare non la rappresentazione del paesaggio, ma l'esperienza dell'incontro con esso. Nel 1978 Tremlett realizza in Malawi il suo primo wall drawing individuando il proprio "stile" artistico nella tecnica del pastello applicato sulla superficie architettonica direttamente con le mani. Da quel momento le sue opere puntano a creare una nuova dimensione spaziale (un'architettura nell'architettura) esclusivamente attraverso forme bidimensionali e la liricità degli olii e delle terre che usa per la colorazione. Nei decenni successivi, in alcune opere, i segni di colore si mescolano alla presenza di frasi o parole, sottolineando così che i suoi lavori sono il frutto di riflessioni effettuate in studio. Tracce della memoria che, epurate da tutto ciò che poteva essere collaterale, diventano segni permanenti e concreti per future esperienze collettive.
BASE / Progetti per l'arte è un'idea di artisti per altri artisti. BASE è un luogo unico per la pratica dell'arte in Italia, la cui attività iniziata nel 1998, viene curata da un collettivo di artisti che vivono e operano in Toscana e che si fanno promotori di presentare a Firenze alcuni aspetti, tra i più interessanti dell'arte del duemila.
via San Niccolo' 18, Firenze  orario: mar-sab 18-20 Ingresso libero
055 679378
David Tremlett
fino al 20/11/2013
mar-sab 18-20
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JOANA VASCONCELOS Fino al 15/12/2013 MUSEO GUCCI PIAZZA DELLA SIGNORIA FIRENZE (ORARIO 10-20)L'arte di Joana Vasconcelos è caratterizzata dalla decontestualizzazione di ciò che è comune e familiare – oggetti d'uso domestico, cucchiai di plastica, ma anche icone nazionali – e dalla decostruzione di come vengano universalmente identificate le certezze, in particolar modo in riferimento ai generi sessuali, alla classe sociale ed alla nazionalità. Vi è un pensiero politico nel lavoro della Vasconcelos. La Rivoluzione dei Garofani del 1974, il regime autoritario e la cultura patriarcale di Salazar costituiscono lo sfondo e il contrappunto alla sua incredibilmente energica re-invenzione dell'identità portoghese, soprattutto femminile. L'artista ha ereditato ed assimilato sia il linguaggio visivo e i temi interpretati da Marcel Duchamp nei suoi "readymade", sia il consumo di massa esemplificato dall'arte pop di Andy Warhol e Claes Oldenburg e le sovversive, a tratti ironiche voci femministe di Louise Bourgeois e Eva Hesse. Soprattutto, Joana Vasconcelos incorpora nelle sue opere il tradizionale artigianato portoghese, utilizzando per i suoi lavori l'uncinetto, la filigrana e le ceramiche sia come pratiche artistiche che come soggetti storici. Red Independent Heart (Coração Independente Vermelho) (2008) – Sospeso al soffitto, Red Independent Heart è formato da migliaia di coltelli, forchette e cucchiai di plastica traslucida fusi fra loro e modellati su di una struttura in ferro per creare una splendida, elegante immagine di un cuore roteante che si muove al suono tradizionale del fado. Il cuore è l'interpretazione in plastica di un monile classico della gioielleria portoghese, "Coração de Viana - Il cuore di Viana", qui riprodotto in scala monumentale. Simbolo della città di Viana do Castelo, nel nord-ovest del Portogallo, "Il cuore di Viana" è realizzato con la tecnica della filigrana, una particolare lavorazione ad intreccio che utilizza fili metallici invece che tessili ed è praticata nella città portoghese fin dal Medioevo. Il titolo dell'opera proviene dal fado: si tratta di una frase della canzone "Estranha Forma de Vida", che arricchisce il lavoro di un altro importante elemento di storia portoghese, le canzoni della cantante Amalia Rodrigues. L' amatissima voce della Rodrigues ha infatti caratterizzato la cultura popolare portoghese dalla metà del secolo scorso: è un vero simbolo del Portogallo, come il Cuore di Viana che accompagna dolcemente. Lavoisier (2011) – L'opera è costruita in scala più ridotta rispetto a Red Independent Heart: la sua forza sta nel significato. Lavoisier è realizzata con un lavello da cucina in acciaio inossidabile intorno a cui si intrecciano coloratissimi tessuti, tipici del lavoro di Joana Vasconcelos. La tecnica dell'uncinetto rimanda ad una delle opere più conosciute dell'artista, "Contaminacion" (2008), dove questa idea chiave è stata esplorata su larga scala. I tessuti realizzati a mano, la loro morbida consistenza e i vivaci colori creano un elemento di contrasto con il lavello di un freddo grigio acciaio, simbolo di una domesticità soffocante. I fili colorati avvolgono l'oggetto con una gioiosa creatività che ricorda la natura dilagante e sovversiva di "Contaminacion". L'opera racconta la relazione tra il mondo industriale e quello tradizionale e artigianale, tra l'umano e il moderno, rivelando l'ambiguità del progresso.
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Impressionisti alla Galleria d'Arte Moderna a Palazzo Pitti
 
 
Lo straordinario evento è frutto di uno scambio fra i due importanti istituti museali francese e italiano. Infatti il Museo d'Orsay, nel segno della reciprocità, ha prestato i 12 capolavori impressionisti a seguito dell'importante contributo della Galleria d'arte moderna che ha reso possibile la realizzazione a Parigi, presso il museo de l'Orangerie dal 10 aprile al 22 luglio scorsi, della mostra "I macchiaioli des impressionistes italiens" 19 capolavori dei maggiori protagonisti del movimento toscano, oltre al prezioso Album lo Zibaldone di Telemaco Signorini, sono usciti per tre mesi dalla galleria fiorentina, l'istituzione che possiede la più importante raccolta di opere del movimento macchiaiolo. Così la Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti ha voluto dare il proprio sostanziale contributo a questo scambio culturale che mette in luce sincronicità del sentire e analogie di ricerca fra artisti francesi e italiani nella seconda metà dell'Ottocento. Due Degas, due Monet, due Cezanne, due Renoir, due Pissarro, un Fantin Latour oltre ad un'opera di Paul Guigou in mostra potrebbero suggerire ulteriori strade di studio e ricerca tese a mettere in luce alcune possibili contaminazioni tra le due culture francese e toscana, che possono aver costituito un punto di riferimento essenziale anche per le esperienze del nostro novecento. Le opere provenienti dal Museo d'Orsay troveranno ad accoglierle in mostra due Pissarro Il taglio della siepe e l'Approssimarsi della bufera, oltre ad un piccolo olio di Alphonse Maureau Sulle rive della Senna, che facevano parte della collezione di Diego Martelli - critico d'arte molto vicino ai pittori macchiaioli nonché uno dei primi sostenitori in Italia dell'impressionismo - e furono da lui legati al museo con atto testamentario del 1894. Martelli aveva del resto sempre sperato, e lo aveva scritto più volte, di unire queste sue opere ad alcune tele di Fattori, di Gioli e di altri esponenti del movimento macchiaiolo per dimostrare, attraverso un confronto diretto tra le opere, le somiglianze tra i due linguaggi. La mostra non intende dare una lettura critica né trovare corrispondenze tra i diversi modi di intendere il vero ma, semplicemente, esporre queste opere impressioniste e di altri esponenti di punta dell'Ottocento francese come una rara occasione per riflettere sul pensiero culturale e filosofico che aveva portato a risultati così moderni già verso il settimo decennio dell'Ottocento. Risultati formali che in qualche misura possono avvicinare le idee da cui nascono le impressioni francesi a quello positivo che era sottinteso attraverso un procedimento analogico ai risultati della pittura macchiaiola. Abbiamo così pensato di presentare le opere attraverso il linguaggio di forma e di contenuto, suddividendo il percorso espositivo, per facilitarne la comprensione, in due sezioni diverse ma affini: la prima l'En plein air dedicata alle rappresentazioni di esterni: ai paesaggi ed al rapporto con la luce e le sue vibrazioni, iniziando da una Lavandaia di Paul Guigou del 1860, uno studio di nudo femminile di Auguste Renoir del 1875-76, per proseguire con Camille Pissarro, Sentiero in mezzo al bosco in estate, del 1877, mentre il L'approssimarsi della bufera, del medesimo anno, è della Galleria d'arte moderna così come Il taglio della siepe del 1878. Sempre di Pissarro Un angolo di giardino all'Hermitage del 1877, mentre di Claude Monet la tavola del 1875 raffigurante Les Tuileries e del 1890 La Senna a Port - Villez . La seconda sezione, dedicata agli interni, si apre con la Lettrice del 1861, e procede con un interno di natura collettiva e sociale, la Prova di balletto sulla scena del 1874, uno dei capolavori di Edgard Degas, poi con il Ritratto di donna con un vaso di porcellana del 1872 per giungere alle due nature morte di Cèzanne Il vaso blu del 1889-90 e Natura morta con cassetto aperto del 1877-79 e, a conclusione del percorso, un ritratto del 1911 di Augusto Renoir Gabriella con la rosa.
Inaugurazione 23 settembre 2013 ore 17.30
Galleria d'arte moderna - Polo Museale Fiorentino
Palazzo Pitti piazza dei Pitti, 1 Firenze
Orario: 8,15 – 18,50, chiuso lunedì
La biglietteria chiude alle 18.05
Biglietto intero: € 8,50
Biglietto ridotto: € 4,25

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