Auguste Renoir - "la colazione dei canottieri" |
L’altro giorno pensavo ad alcuni personaggi
di romanzi che amano mangiare, o che sono particolarmente bravi a cucinare. Di
solito, questo essere così “umani”, li rende subito simpatici e veri. Poiché la
stimolazione dei sensi coinvolge il lettore, potremmo provare a immaginare e
scrivere delle scene nelle quali i nostri protagonisti cucinano o gustano
qualcosa di goloso o appetitoso. Dobbiamo usare i cinque sensi per far partecipare
emotivamente il lettore, coivolgendolo con:
-
il tatto: i personaggi stanno mangiando delle gustose patatine al formaggio
e paprika e le loro dita sono coperte di bricioline gustose … o stanno
impastando la pasta per la pizza e la sentono elastica e liscia sotto le loro
mani esperte!
-
il gusto: pensate ad esempio alla cioccolata che si scioglie in bocca, a un
bel piatto di lasagne fumanti, uno spaghettino allo scoglio … non vi viene
fame?
-
la vista! Cos’è che vi fa spalancare gli occhi con meraviglia e desiderio?
Un vassoio di bignoline? Il gelato? Un piatto servito in modo particolare?
-
olfatto: pensate al profumo del pane appena sfornato, alla pizza o alla
schiacciata … all’odore del caffè!
-
udito: il lieve sfrigolio della griglia calda sulla quale avete adagiato
una bella bistecca, lo scrocchiare del pane, il borbottio della moka …
Proviamo a scrivere
qualche scena ambientandola in cucina, a una sagra, un ristorante, un pic nic! Sperimentiamo
quest’opportunità. Il cibo scatena sempre un forte coinvolgimento,
probabilmente per ragioni diverse per ciascuno di noi, ma è così. Del resto,
anche Proust ci ha mostrato quanto il gusto e l’olfatto possano richiamare alla
mente certe sensazioni e ricordi:
Giuseppe De Nittis - "Colazione in giardino" |
“Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate
le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da
qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi
aveva invaso, staccata da qualsiasi nozione della sua causa. Di colpo aveva
reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri,
illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di
un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero
quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Da dove
era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore
del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la
natura. Da dove veniva? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo nulla di
più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda. E’ tempo
che mi fermi, la virtù del filtro sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è lì dentro, ma in me.”
Il lettore partecipa al pasto dei personaggi e questo lo porta a
immedesimarsi e, in un certo modo, a immaginarsi il cibo, sfruttando tutti i
suoi sensi. Questo farà sì che siano inviate precise informazioni al cervello:
l’olfatto e il gusto giocano un ruolo primario per la memoria, che farà
accendere emozioni “private” del lettore. Ma per rimanere più sulla concreta vita di
ogni giorno, pensate a quando qualche amico vi ha raccontato di un piatto
particolarmente gustoso o un’amica vi ha spiegato la ricetta di una pietanza prelibata:
non avete sentito l’acquolina in bocca? Il fatto che vi venga voglia di provare
quel certo ristorante o vogliate cimentarvi a seguire la ricetta, è dovuto al
fatto che vi siete immaginati il gusto …. Siete stati coinvolti emotivamente. E
a proposito di coinvolgimento, ricordo un’esperienza particolare che mi è
successa diversi anni fa a una mostra. Stavo ammirando un quadro, che
raffigurava un meraviglioso mazzo di fiori variopinti, quando a un tratto,
sentii un forte profumo. Stupita, mi guardai intorno per capire a cosa fosse
dovuto, ma alla fine dovetti constatare che il quadro era così bello che il mio
cervello aveva “creato” quel profumo. Provai a lasciare la sala e a ritornarci
poco dopo: la magia non si ripeté. Sicuramente tutto questo non sarebbe
successo se avessi guardato il quadro distrattamente: ma è certo che in quel
dipinto c’era qualcosa che deve avermi colpito a livello inconscio, in modo
profondo.
Claude Monet - "Colazione sull'erba" |
Avete letto un libro che vi ha coinvolto con alcuni passi dedicati
al cibo o scene che lo riguardano? Perché non lo condividete, trascrivendo il
passo che più vi è piaciuto? Che effetto vi fa il brano che segue di Andrea
Camilleri?
“Annò in cucina, raprì il frigorifero e gli caddero le vrazza.
Tanticchia di caciocavallo, quattro passuluna, cinco sarde sottoglio e ‘na
troffa d’acci, chiuttosto scarso il contenuto. Però meno mali che Adelina il
pani frisco glielo aviva accattato. Raprì il forno. E fici un ululato lupigno
di felicità. ‘Na porzione bastevole per quattro di milinciane alla parmigiana,
fatte con tutti i sacramenti!Addrumò il forno per quadiarle, annò nella
verandina, conzò la tavola, sciglienno ‘na buttiglia di vino speciali. Aspittò
che la parmigiana quadiasse bona, e po’ se la portò a tavola nella teglia
stissa, senza travasarla in un piatto. Quannò finì, un’ora e mezza doppo, alla
teglia non ci sarebbi stato nisciun bisogno di lavarla. L’aviva accuratamenti
puliziata col pani, il suco era ‘na maraviglia.”
Andrea Camilleri, “La caccia al tesoro”, Sellerio editore Palermo.
Felice scrittura!
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