«Caro nonnino, quando dai padroni faranno l'albero di Natale coi regalini, prendimi una noce dorata e riponila nel bauletto verde. Chiedila alla signorina Ol'ga Ignat'evna, dille che è per Van'ka.»
Van'ka tirò un sospiro convulso e tornò a fissare la finestra. Ricordò che nel bosco, a cercare l'albero di Natale per i padroni, ci andava sempre il nonno e portava con sé il nipotino. Che ore felici erano quelle! Il nonno gemeva, il ghiaccio gemeva, e, a guardare loro, gemeva anche Van'ka. Prima di tagliare l'albero, di solito il nonno fumava la pipa, fiutava a lungo tabacco, e si burlava di Vanjuska, tutto infreddolito ... I giovani abeti, coperti di brina, stavano immobili, aspettando di vedere a chi di loro toccava morire. D'un tratto, sbucata da chissà dove, una lepre vola come una freccia sui cumuli di neve ... Il nonno non può fare a meno di gridare:
«Prendila ... prendila! Ah, diavolo senza coda!»
Tagliato l'albero, il nonno lo trascinava fino alla casa dei padroni, e là si mettevano a decorarlo... Più di tutti si affaccendava la signorina Ol'ga Ignat'evna, la beniamina di Van'ka. Quando era ancora viva Pelageja, la madre di Van'ka, e stava dai padroni come cameriera, Ol'ga Ignat'evna rimpinzava Van'ka di dolci e, per passatempo, gli aveva insegnato a leggere, a scrivere, a contare fino a cento e perfino a ballare la quadriglia. Quando poi Pelageja morì, mandarono l'orfanello Van'ka nella cucina della servitù, col nonno, e di lì a Mosca, dal calzolaio Aljachin ...
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