Ieri,
tornando dal lavoro, mi sono fermata al forno vicino a casa, perché mi sono
ricordata che non avevo nemmeno un briciolo di pane. Dando uno sguardo al pane
rimasto sugli scaffali, mi è saltato all’occhio qualcosa di strano: tutti i
tipi costavano cinque euro al chilo! Dove era finita l’abboccatura di forno a
tre euro? Ormai ero lì e avevo fretta: l’ho comprato lo stesso, malgrado il
prezzo. Stasera però ho allungato un po’ la strada e mi sono fermata al
supermercato: 1,80 al chilo. Ora, non mi aspetto di pagare la stessa cifra al
supermercato e al panificio. Se posso, cerco di comprare anche nei negozi e al
mercato, perché penso che anche le realtà più piccole siano importanti, però
cinque euro al chilo mi sembrano eccessivi. Ultimamente è rincarato tutto, a
cominciare dalla benzina. Per ogni rincaro la colpa è della guerra. Sicuramente
il conflitto incide, ma oltre alle congiunture economiche, politiche e sociali,
non ci sarà pure qualcuno che specula? Chi può illuminarci? Davvero il pane è
diventato così caro per il costo delle materie prime e dei costi di produzione?
A
proposito di pane: mi torna in mente il capitolo XII dei Promessi Sposi! Magari
il buon vecchio Manzoni, con la sua descrizione oggettiva delle cause del
tumulto di San Martino, potrebbe aiutarci a riflettere sulla nostra situazione
attuale. Chissà di non trovare delle analogie fra i nostri giorni e quel
lontano 1628 …
Costui (il gran cancelliere Antonio Ferrer) vide, e chi non l’avrebbe veduto, che l’essere il pane a un prezzo giusto, è per sé una cosa molto desiderabile; e pensò, e qui fu lo sbaglio, che un suo ordine potesse bastare a produrla. Fissò la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto, se il grano si fosse comunemente venduto a trentatré lire il moggio: e si vendeva fino ad ottanta.
(Alessandro Manzoni, "I promessi sposi")
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