Ho sentito dell’uccisione dei due ambulanti senegalesi in Piazza Dalmazia alla radio. Mi sembra impensabile anche solo arrivare a pianificare una cosa del genere. Mercoledì a scuola di mio figlio i bambini più grandi hanno appeso uno striscione alla cancellata della scuola “NO AL RAZZISMO”. Si è levato, spontaneo, un applauso da parte dei genitori in attesa. La sera poi, mentre guardavo il telegiornale, ho visto tutta quella gente in piazza, intervenuta a manifestare la loro partecipazione e commozione. Il loro dispiacere e sgomento. Poi ho letto delle saracinesche abbassate dei negozi, dei banchi di San Lorenzo chiusi, della serrata spontanea dei commercianti fiorentini. Allora mi sono commossa e dentro di me ha preso un po’ più fuoco quella scintilla che cerco di alimentare sempre per credere nella bontà dell’essere umano. E mi è tornato un flash alla mente di quest’estate, quando con mio marito ed i bimbi andammo a visitare Atri. Appena usciti dal magnifico Duomo, avevamo visto arrivare una processione per un funerale. Ci ritirammo rispettosamente a debita distanza per lasciar posto al corteo funebre. Avevo notato un piccolo negozio che vendeva le ceramiche di Castelli. Però era inspiegabilmente chiuso. Ne ero rimasta dispiaciuta perché mi sarebbe piaciuto poterle ammirare e, chissà, magari comprare qualcosa. Proseguimmo la nostra visita e al ritorno verso il parcheggio trovammo il negozio aperto. Entrai. La signora, molto anziana, pareva avesse più voglia di chiacchierare che di vendere. Così, mentre mi incartava una piccola campanella di ceramica, mi spiegò che aveva tenuto chiuso il negozio durante il funerale per rispetto alla persona che era morta. “Lo conoscevo”, mi disse solamente, non mascherando una certa commozione. Mi colpì molto questo gesto. L’essere umano, dunque, non è vinto.
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