Ho studiato un po’ di economia una ventina d’anni fa e non me la cavavo nemmeno male, ma in fondo ero altro. Qualcosa di diverso, che con i numeri ha sempre avuto poco a che fare. Anche i prezzi dei prodotti mi scappano dalla testa, non si fanno catturare. Sono capace di ricordarmi un’espressione, una frase, un movimento, un’occhiata di un secolo prima, ma con i numeri … è un’altra storia. Ho una memoria sentimentale, come la chiamo io. Così sinceramente nelle pagine di economia dei giornali un po’ mi perdo. In questi giorni poi, se hai il sorriso sulle labbra, la maggior parte della gente ti guarda quasi male. “Che avrà da ridere questa qui?”. T prendono o per una privilegiata o per una che vive fuori dal mondo. “ Ma non li legge i giornali, non li vede i notiziari in tv?” Sì. Ma anche no. Sì, i giornali li leggo e il Tg, magari di nascosto dai miei figli, ma lo ascolto. Di nascosto perché ancora non li voglio inquinare con tutta la robaccia che ci raccontano. O magari a volte ascolto la radio. Monti mi sembra un distinto signore chiamato a fare un minestrone affacciandosi a vedere cos’è rimasto in frigo. Certo che qui fra l’aumento dell’iva, la nuova ici - imu (che poi, perché gli hanno cambiato nome?), le brutte notizie sulle pensioni e tutto il resto, c’è poco da stare allegri. Allora mi guardo intorno mentre giro per le strade, e apro bene le orecchie a carpire stralci di conversazioni fra la gente comune. Ci sono, appunto, poche persone che sorridono. Malgrado il periodo che si avvicina alle Feste e le illuminazioni scintillanti delle strade, per ora quasi nessuno si ricorda che siamo vicini a Natale. “Siamo sull’orlo del baratro”.” Si finisce tutti a gambe all’aria”. “Era meglio spenderli e goderseli piuttosto che vederli trasformati in carta igienica” … “compro oro”, “vendo oro”, ” ma quando se li riducono gli stipendi questi parlamentari?”. Tutto vero. Tutto giusto. Io, però, cerco di sorridere lo stesso. Di sorridere alla gente. Perché onestamente, malgrado mi sia impegnata a capire i riflessi di queste proposte e di queste scelte, poche mi appaiono chiarissime. Mi rendo conto che ci sono fasce deboli di popolazione, anziani e malati, che vivono già al limite della decenza e le nuove tasse e i tagli peseranno in modo improponibile su di loro. Ma mi rendo anche conto che la maggior parte della gente non è più disposta al sacrificio. Non siamo abituati a vivere con la semplicità e l’oculatezza dei nostri nonni. Se mi guardo intorno vedo gente confusa, ma anche negozi con diverse persone ad acquistare, gente seduta ai tavolini di bar a sorseggiare cappuccini, persone in fila ai centri di distribuzione vestiti per i poveri in attesa di avere qualcosa in dono, che sono però già dignitosamente vestite e che non sembrano davvero aver bisogno di fare quella fila, ambulanti extracomunitari che vendono la loro mercanzia con grandi sorrisi che fino a qualche anno fa non avevano. Su questo ci ho fatto davvero tantissimo caso. Loro sembrano più felici. Forse non ci vedono più come quelli che stanno bene. Quasi quasi qualcuno non ti chiede nemmeno di comprare, ma si limita a scambiare qualche frase. Hanno più voglia di parlare, forse, che di vendere. Chissà perché, mentre cammino per le strade e mi guardo intorno, mi torna in mente la foto dei miei nonni il giorno del loro matrimonio: il vestito elegante di mia nonna, con la gonna plissettata lunga fino al ginocchio, e quelle belle scarpe col tacco. Mio nonno accanto che indossa un completo. Penso alla loro vita: molto lavoro, pochi grilli per la testa, molta capacità di capire ciò che serviva e ciò che invece era superfluo. Siamo ad una svolta storica. Forse non mi rendo nemmeno conto di quanto duro sarà, ma non voglio sentirmi vinta, non voglio abbattermi. Forse perché avendo due figli piccoli non me lo posso permettere. Mi voglio tenere un po’ del mio sorriso e della speranza da regalare ai miei bambini. Un esempio concreto di come si può alzare la testa e andare avanti. Con le proprie idee, lanciandone di nuove, imparando a fare con meno. Chissà che da tutto questo non ci venga anche qualcosa di buono? Magari recuperiamo il senso e il valore di cose che non hanno prezzo e che abbiamo dimenticato. I sacrifici da fare per “salvare” l’Italia mi fanno meno paura della mancanza di speranza e del nichilismo. Spero in un regalo di Natale per l’Italia. Che nessuno si tiri indietro. Che tutti facciano la loro parte. Che ciascuno di noi intervenga anche nella propria vita quotidiana per portare qualsiasi tipo di beneficio. Che chi ci governa possa fare delle proposte eque. Che ci sia fiducia nel futuro. Non è tempo di egoismi, ma tempo di rimettersi tutti a remare, nessuno escluso. Nessuno si senta di dire che è oramai fuori dai giochi e che non può fare la differenza.
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