4 Febbraio, martedì
La
scalinata che si trova davanti, nella mente di Olga, è come una barriera. Si
ferma un attimo ai suoi piedi e poi, con un sospiro, inizia a salire accanto a
suo padre, che è voluto venire per forza ad accompagnarla.
-
Che
sarà mai un controllino? - gli ha detto ieri al telefono – lo sai che secondo
il dottore non è niente di preoccupante.
-
Non
importa. Voglio venire lo stesso – ha risposto lui deciso e, per non lasciarle
altro spazio per protestare, si è affrettato ad aggiungere – passo a prenderti
io. Ti aspetto davanti all’ufficio.
Così
adesso sono all’accettazione. L’impiegata è scortese mentre Olga paga il
ticket. “Possibile che vengano tutti con pezzi da cinquanta?” - si chiede ad
alta voce – “come diavolo posso fare a dare il resto a tutti? … Attenda nel
corridoio davanti alla stanza trentacinque. La chiamano loro.” Così Olga si
siede accanto a suo padre e cerca di prestare un po’ di attenzione a quello che
lui le sta dicendo, mentre si guarda intorno e scruta nelle facce dei presenti
i pensieri che hanno in testa. Qualcuno è lì solo per un controllo di routine, ma
il peggio deve essere passato, se mai c’è stato un peggio. Le loro fronti sono
spianate e leggono una rivista o parlano al cellulare. Qualcuno invece ha gli
occhi cerchiati e la faccia tirata …. Non siamo mica a Disneyland, in fondo …
Così, bene, ci sono due squadre, pensa Olga: “A” i tranquilli e “B” i tirati.
Continua a guardarsi intorno mentre dice a se stessa che lei non ha niente a
che fare con quelle persone. È solo una cavolata e presto sarà fuori e non sarà
successo niente. Rientrerà in ufficio e i colleghi le chiederanno “beh, com’è
andata?” “Macché, non era niente! E’ solo quel pignolo del mio medico che ha
voluto farmi fare quel controllo, che figurati … c’era gente che aveva bisogno
davvero, mica come me, che ho rubato solo del tempo prezioso a quei dottori …”.
Intanto ripassa gli avvenimenti, nel caso durante la visita il dottore glieli
chieda. Già, il dottore …. Dentro di se spera sia una donna, perché non ha
nessuna voglia di farsi palpare da un uomo. Allora, è andata così: qualche
giorno fa, facendo la doccia, si è sentita qualcosa di duro al seno. Sente come
delle punture, in quel punto. E’ andata dal suo medico, che l’ha visitata, e
per lui non è niente di preoccupante: solo scariche ormonali. “Quando fanno
male, non sono mai pericolosi, ma ad ogni modo, meglio farsi fare un controllo
da un centro specializzato”. Le ha fatto un foglio di richiesta e sotto ha
scritto “urgente” e Olga ha cercato di convincersi che quella precisazione non
fosse che una banalità. Così eccola qui. L’infermiera esce dalla stanza
trentacinque guardandosi intorno e chiama ad alta voce un nome: è il suo. Si
alza. Entra nella stanza dopo aver sorriso al padre. A sedere dietro una
scrivania c’è un uomo di mezza età. Solleva appena la testa per guardarla
mentre scribacchia su un foglio e borbotta qualcosa che Olga intuisce essere
una domanda rivolta a lei. Non ha capito un accidente.
“Come
scusi?” e si sente quasi in colpa di non aver sentito o di fargli ripetere la
domanda.
“Perché
fa quest’analisi?”
Così
ripete la versione che si è ripassata durante l’attesa come una poesia davanti
alla maestra. “Si spogli e salga su quel panchetto in piedi davanti a me.” Così
si libera dei vestiti dietro il paravento. Sarebbe facile mettersi davanti al
dottore e, alle spalle il panchetto, sollevare prima un ginocchio e poi l’altro
per salirci sopra. Però Olga volta le spalle al dottore, sale sul panchetto e
poi ruota su se stessa e finalmente eccoli lì gli occhiali del dottore a venti
centimetri dal suo seno. L’infermiera ridacchia. “Quante manovre per salire su
un panchetto…” pensa, e sta lì a guardarsi la scena. Così lui comincia a
palpare e Olga rimane ferma immobile, cercando di respirare il meno possibile e
sentendosi poco più di un pezzo di carne. Le mani di lui le danno fastidio: le
sembrano delle carezze profonde che scavano dentro di lei … le sembra che
possano lasciarle dei solchi. “Fa che non senta niente, fa che mi dica che non
è nulla, fa che finisca presto” prega rivolgendosi a quel Dio che le hanno insegnato
a pregare fin da bambina. Lui rimane
zitto durante la visita, continuando solo a mormorare dei “mah” ogni tanto.
Finalmente ha finito. “Si rivesta. Io farei un’ecografia. Torni in corridoio.
La faccio chiamare dalla collega.” E scrive un foglio che l’infermiera porta in
un’altra stanza. “Com’è andata?” Le chiede suo padre. “Vogliono fare un
controllo ulteriore per stare tranquilli”, risponde Olga cercando di
minimizzare. Ma a quella risposta anche a suo padre va via la voglia di
parlare.
Adesso
è su un lettino, sdraiata su un fianco con il braccio piegato dietro la testa.
La dottoressa le mette il gel e inizia la sua esplorazione mentre chiacchiera
con l’infermiera.
-
Lo
sai che ho visto Barbara nel fine settimana? Era di nuovo con Paolo!
-
Dai
…. Non fanno che litigare ma alla fine tornano sempre insieme … Che avete
fatto?
-
Niente
di speciale. Una pizzettina e quattro chiacchiere …. –
Si
sente bussare e poco dopo un dottore entra nella stanza. Dice due parole
all’infermiera e poi si avvicina al lettino di Olga. Lei sente la sua presenza
dietro la schiena. Non dice niente. Lui fa il giro e si mette a fianco della
dottoressa. Olga tiene gli occhi fissi davanti a sé e non li alza per
guardarlo, ma sente il suo sguardo su di sé. Lui non guarda il monitor. Guarda
lei. Che cosa guarda … forse la piega del seno che si appoggia morbida sul
lettino o la lucentezza della pelle spalmata di gel …. Mai visto due poppe alla
tua età? Le verrebbe voglia di chiedergli, ma naturalmente non dice nulla.
Finalmente se ne va.“Io
non vedo nulla signora” conclude la dottoressa volgendosi a guardarla e Olga ha
la tentazione di dire “ok bene così allora me ne vado. Grazie tante” ma la
dottoressa non è soddisfatta. Lei vuole sapere. “Mi dice esattamente dove se lo
sente?” le chiede, infatti. Così con sforzo se lo cerca: da quando se l’è
scoperto toccarsi in quel punto le fa effetto. Guida la mano di lei a sentirlo.
Allora lei ci passa sopra il suo strumento. Ecco. Ora l’ha visto. Ci gira
intorno. Ci gira intorno. Preme. Gira. Si è fatta silenziosa, accigliata e il
suo corpo si è proteso più vicino allo schermo … tace. Le vicende di Barbara
adesso non le interessano più. “Francy
mi prepari un ago per favore?” - finalmente la sua voce riemerge dalle sue
indagini – “Adesso facciamo un ago aspirato e così controlliamo meglio,
d’accordo? Lei stia rilassata e vedrà che non sentirà niente”. “Sul
fatto di non sentire niente ho i miei dubbi” risponde Olga, e chiude gli occhi
sull’immagine della dottoressa che cerca di sorriderle incoraggiante, ma il
sorriso è incerto, appena abbozzato … e poi non vuole vedere l’ago e cosa
diavolo stanno per farle. Cerca di estraniarsi dal suo corpo per evitare di
sentire il dolore e stringe forte i denti serrando le mani a stringere i bordi
morbidi del lettino ogni volta che sente l’ago che s’infila profondo nella sua
pelle. Adesso passa adesso finisce domani tutto questo sarà solo un ricordo –
si ripete ossessivamente cercando di cullarsi come farebbe con un bambino
spaventato. “Ecco
fatto. Si può rivestire” conclude finalmente la dottoressa e porge
all’infermiera quel tubicino in cui ha imprigionato una parte di Olga. Poi non
dice altro. Olga si rialza. Fa per avvicinarsi a riprendere i suoi vestiti. Si
sente confusa. Aspetta che le dicano qualcosa, ma nessuno dice niente. Si
domanda che fare. Se deve chiedere. O non chiedere. Resta in piedi, ferma in
mezzo alla saletta fino a quando sente la sua voce che domanda “ma allora cosa
….” E la domanda le muore in gola. La dottoressa si volge. Le sorride. “Allora adesso
lo facciamo analizzare. Se è benigno rifacciamo un controllo fra qualche mese.
Va bene?” Va
bene? No. Non va bene per niente. Non va bene che tu me lo dica così come se ti
avessi chiesto dov’è il distributore automatico di merendine …. E poi non è questa
la risposta che volevo da voi stamani, pensa Olga mentre si volge verso il
mucchietto dei suoi vestiti. Nel farlo incrocia lo sguardo dell’infermiera che
si affretta a specificarle che il ticket lo può pagare anche quando viene a
prendere i risultati. Ah che bellezza! Ora sì che ci siamo! Quanta umanità,
grazie infinite …. Rimane a fissarla un secondo senza dire niente e allora lei
le sorride, come a scusarsi … diamine,
non è mica colpa sua se sei malata, no?
Olga
rientra nel camerino per rivestirsi e mentre lo fa si guarda allo specchio
rendendosi conto che la parola “biopsia” è entrata a far parte della sua vita.
“Che
ironia” sillaba l’immagine riflessa, con un sorriso amaro e incredulo, “è stata
davvero solo questa la mia vita? …. E i soldi risparmiati per costruirsi un
futuro, e le cose fatte “per bene” … che senso hanno avuto?”
Quando
Olga esce dalla stanza non ha ancora finito di rivestirsi completamente: ha
ancora qualche bottone della camicia da agganciare e la giacca in mano. Si finge
occupatissima a riordinarsi mentre pensa a cosa dire a suo padre che la sta già
interrogando su cosa è successo, con la faccia preoccupata. “Ora ti racconto,
ora ti racconto” gli mormora cominciando a spiegargli e cercando come può di
edulcorare la realtà. Come farà a dirgli la verità nel caso …. – si chiede
mentre scendono le scale che al loro arrivo le erano sembrate un monito. Ma
adesso non ci può pensare. Adesso, per assurdo, deve tenere tranquillo suo
padre. Ma lui ha già capito, lui ha già letto il suo volto e la sua mente,
perché sono più simili di quanto Olga si sia mai resa conto prima d’ora.
Così
tornano alla macchina e Olga cerca di respirare a fondo e si accorge che è
uscita fuori una giornata meravigliosa, calda e con un gran sole allegro. Le
macchine sfrecciano veloci sul viale e i banchi del mercato della Piazza sono
colorati e rimbombanti di allegri vocii. Ed è tutto perfetto. Tutto uguale a
prima, ma diverso ai suoi occhi. Tutto dannatamente bello. E’ schifosamente
retorico pensarlo ora, si dice Olga. Sì, retorico ma vero. La
conversazione è sfilacciata mentre suo padre la riporta in ufficio. Ognuno ha
bisogno di seguire i suoi pensieri, ma Olga è contenta di averlo accanto e
grata per il fatto che i suoi genitori abbiano così insistito per non farla
andare da sola. Lo saluta con un bacio davanti all’ufficio. E’ da quando ha
capacità di ricordarsi che saluta sempre i suoi genitori baciandoli.
Continua …
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