Prima
di arrivare ad aprire il portone alza lo sguardo verso le sue finestre. Dalle
persiane della loro camera filtra la luce. Alfredo la sta aspettando sveglio.
Le ha telefonato nel pomeriggio, mentre lei era ancora in ufficio. Il logo
lampeggiante dei cuoricini sul display l’ha avvertita che la stava chiamando
suo marito. Ha preso il cellulare ed è uscita nel corridoio.
-
Allora
com’è andata?
-
…
Male …- Come sarebbe a dire male …
Così lei gli ha raccontato tutto.
Lui ha ascoltato in silenzio senza fare domande. Quando Olga ha smesso di
parlare la voce di suo marito è risuonata ferma e decisa – Vedrai che non è
niente. Stai tranquilla.
-
Mmh.
-
Va
bene?- Va bene.
- E’ stasera che vai a teatro, vero?
- Sì.
- Allora se non faccio a tempo a tornare prima che tu vada via, ti aspetto
sveglio. Ciao amore.
-
Ciao.
Ha
riattaccato schiacciando il tastino con la cornetta rossa, riascoltando nella
mente le parole di suo marito. “REW. PLAY” ordina al suo cervello …. Ha
soppesato le parole, il tono, il timbro di voce come una brava ortolana su
quelle improbabili stadere …. Sembrava tranquillo …. O no?
Scuotendo
la testa ha fatto forza sulla maniglia ed è rientrata in ufficio.
Adesso
sente la chiave girare nella toppa. E’ in casa. Poggia le chiavi sul mobiletto
del telefono e si da uno sguardo allo specchio appeso sopra.
-
Tesoro?
– la chiama suo marito.
-
Sì
… sei ancora sveglio? – gli chiede mentre percorre il lungo corridoio per
arrivare alla camera.
-
Certo.
Ti aspettavo.
Olga
entra in camera. Lui è a letto con la piccola abat-jour accesa. Legge un libro,
ma ha già infilato il segnalibro a forma di delfino che gli ha regalato lei fra
le pagine. Segno che la lettura è finita. Alfredo guarda sua moglie: ha gli
occhi tristi.
-
Avete
fatto tardi stasera. Ti è piaciuto?
-
Non
finiva più! Ero così stanca a un certo punto che …. Alfredo?
-
Sì?
- Morirò?
– gli chiede all’improvviso sedendosi sulla sponda del letto e piantandogli gli
occhi negli occhi.
- No.
- Davvero?
– chiede allora lei con voce triste, ma aggrappandosi assurdamente alla sua
risposta, come fosse un dottore, un santo, un guaritore … ma ha bisogno di
sentirsi dire che andrà tutto bene. E’ solo una bambina spaventata ora, non una
donna.
-
Non
puoi morire – risponde ancora lui attirandola a se.
- Perché?
- Perché
io e te dobbiamo stare sempre insieme, avere dei figli, e diventare vecchi e
rugosi e senza denti … - risponde lui semplicemente, mentre le accarezza la
testa – e tu sarai con la pelle tutta cascante e forse anche grassa e con le
poppe che ti arriveranno alle ginocchia, che per andare a giro te le dovrai
buttare in spalla.
- E anche tu sarai ridotto così male?
- No,
io no. Però tu mi piacerai ancora …. Non piangere Olga ...
- Non
piango.
- Invece
stai per piangere. Ti trema il labbrino di sotto.… Raccontami tutto, dai. E
vieni a letto, che è tardi.
Così,
mentre si spoglia, gli spiega come sono andate le cose. S’infila sotto le
coperte rannicchiandosi in posizione fetale. Mentre racconta, sente di nuovo
quelle fitte fastidiose che l’hanno spinta a fare il controllo e si porta una
mano al seno. Forse è solo il suo cervello che ….
-
Ti
fa male?
-
Sì,
ma non so più se sono i soliti dolorini che sentivo o quello che mi hanno fatto
oggi …. Mi hanno lasciato dei segni che …
-
Fammi
vedere.
-
No.
Ti farà impressione.
-
Non
mi farà impressione – risponde lui mentre le apre la giacca del pigiama.
Sul
bianco della pelle spicca una vasta area di colore blu e verde vescica, simile a
un grosso livido. Olga si sente tesa. Da stamani non può neanche sopportare il
pensiero che qualcuno possa toccarla di nuovo per altre visite e
controlli.
-
Ti
ci sei data qualcosa? Una pomata ….
-
No.
Loro non mi hanno detto niente ed io non ci ho neanche pensato.
Lui
la guarda e i suoi occhi sono buoni e grandi e pieni di amore. Sono tutti e due
girati su un fianco, faccia a faccia. Lui si sporge verso di lei, le posa un
piccolo bacio sulla pelle blu e l’abbraccia stretta. Olga gli accarezza la
testa sentendo i capelli cortissimi di Alfredo solleticarle il palmo della
mano. Scende ad accarezzargli una guancia, risale lungo il naso, sulle
sopracciglia ampie per poi ridiscendere a seguire con un dito la sua bocca ben
disegnata.
- Hai
gli occhi buoni … e caldi … sembrano due laghetti … e queste sopracciglia ampie
per me sono … due ponti di serenità … e ciglia lunghe che, se diventassi
piccina piccina e leggera come un pensiero, potrebbero farmi da culla…. – gli
sussurra Olga sentendo che la tensione si sta sciogliendo.
Poi
rimangono in silenzio a guardarsi, i loro visi vicinissimi con i nasi che si
toccano, i respiri sui respiri. Alfredo le passa delicatamente i polpastrelli
sul grosso livido. Una carezza lieve e Olga non si ritrae.
-
Dormiamo?
-
Sì.
-
Buonanotte.
-
Buonanotte
– risponde lei rannicchiandosi contro il suo braccio. Chiude gli occhi e rimane
ad ascoltare i suoi pensieri domandandosi quanto ci vorrà, stanotte, per
addormentarsi. Fin da bambina alterna periodi in cui riuscirebbe a dormire
anche su un sasso a periodi in cui, inspiegabilmente, dorme pochissimo. Nelle
sue notti insonni mille pensieri la assalgono e non la lasciano in pace,
esigono la sua attenzione, pretendono di essere pensati, quasi come fossero
frutto di un delirio della febbre a cui lei non può opporsi. Adesso invece nel
suo letto, ha appena chiuso gli occhi, che i confini del reale e dell’inizio
del sonno si fanno labili e sfilacciati … e in quella terra di nessuno vede
confusamente un bel pomeriggio estivo … tanti occhi fissi su di lei …. la
navata e l’esplosione dei girasoli … e sente una voce … una voce … nella buona
e nella cattiva sorte … in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà,
finché morte non ci separi….
Poi, appena un attimo dopo, il
confine diventa netto.
Nessun commento:
Posta un commento