Il piccolo paese era coperto di neve; le
casette nere, addossate al monte, parevano disegnate su di un cartone bianco, e
la chiesa, sopra un terrapieno sostenuto da macigni, circondata d'alberi
carichi di neve e di ghiacciuoli, appariva come uno di quegli edifizi
fantastici che disegnano le nuvole.
Tutto era silenzio: gli abitanti sembravano sepolti
sotto la neve.
Al terzo tocco della messa, il nonno del
fidanzato batté il suo bastone sulla pietra del focolare.
- Oh, ragazzi, su, in fila.
E tutti si alzarono per andare alla messa. In casa
rimase solo la madre, per badare agli spiedi che girava lentamente accanto al
fuoco per far bene arrostire la carne del porchetto.
I figli, dunque, i fidanzati e il nonno, che
pareva guidasse la compagnia, andavano in chiesa. La neve attutiva i loro
passi: figure imbacuccate sbucavano da tutte le parti, con lanterne in mano,
destando intorno ombre e chiarori fantastici. Si scambiavano saluti, si batteva
alle porte chiuse, per chiamare tutti alla messa.
Felle camminava come in sogno; e non aveva freddo;
anzi gli alberi bianchi, intorno alla chiesa, gli sembravano mandorli fioriti.
Si sentiva insomma, sotto le sue vesti lanose, caldo e felice come un agnellino
al sole di maggio: i suoi capelli, freschi di quell'aria di neve, gli
sembravano fatti di erba. Pensava alle cose buone che avrebbe mangiato al
ritorno dalla messa, nella sua casa riscaldata, e ricordando che Gesù invece
doveva nascere in una fredda stalla, nudo e digiuno, gli veniva voglia di
piangere, di coprirlo con le sue vesti, di portarselo a casa sua.
Dentro la chiesa continuava l'illusione della
primavera: l'altare era tutto adorno di rami di corbezzolo coi frutti rossi, di
mirto e di alloro: i ceri brillavano tra le fronde e l'ombra di queste si disegnavano
sulle pareti come sui muri di un giardino.
In una cappella sorgeva il presepio, con una
montagna fatta di sughero e rivestita di musco: i Re Magi scendevano cauti da
un sentiero erto, e una cometa d'oro illuminava loro la via.
Tutto era bello, tutto era luce e gioia. I Re
potenti scendevano dai loro troni per portare in dono il loro amore e le loro
ricchezze al figlio dei poveri, a Gesù nato in una stalla; gli astri li
guidavano; il sangue di Cristo, morto poi per la felicità degli uomini, pioveva
sui cespugli e faceva sbocciare le rose; pioveva sugli alberi per far maturare
i frutti.
Così la madre aveva insegnato a Felle e così era.
- Gloria, gloria - cantavano i preti sull'altare:
e il popolo rispondeva:
- Gloria a Dio nel più alto dei cieli.
E pace in terra agli uomini di buona volontà.
Felle cantava anche lui, e sentiva che questa
gioia che gli riempiva il cuore era il più bel dono che Gesù gli mandava.
Grazia Deledda, “Il dono di Natale”
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