Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti): Adorazione del Bambino 1619-1620. Galleria degli Uffizi, Firenze |
CARO VECCHIO NATALE
Possibile che il caro vecchio Natale dei vecchi tempi sia scomparso? Possibile che siano rimasti solo i capelli della sua bella testa canuta e i fili della sua barba? Ebbene, in mancanza d'altro mi accontenterò di quelli.
Ed è una bella cosa, anch'essa tramandata dai vecchi tempi, che questa solennità, che celebra l'annuncio del credo della pace e dell'amore, sia stata eletta momento dedicato ai raduni familiari e al ricongiungimento di quei gruppi di spiriti affini che le angustie, i piaceri e i dolori del mondo congiurano di continuo per tenere separati; al richiamo dei figli che la vita ha portato lontano, ognuno andato per la propria strada, per riunirsi ancora una volta intorno al focolare paterno, luogo in cui convergono gli affetti, e lì tornare di nuovo giovani e devoti tra i dolci ricordi d'infanzia.
Ma è anche un qualcosa della stagione stessa a dare fascino alla festività del Natale. In altri momenti deriviamo i nostri piaceri dalle mere bellezze della natura. I nostri sentimenti si diffondono e disperdono nel paesaggio soleggiato, e noi viviamo all'aperto e ovunque. Ma nel pieno dell'inverno, quando a natura è spoglia di ogni fascino e ammantata di neve, per le nostre gratificazioni ci affidiamo a fonti morali. La tetraggine e la desolazione del paesaggio, le giornate brevi e cupe e le notti buie circoscrivono i nostri vagabondaggi e spengono in noi il desiderio di passeggiare all'aperto, rendendoci più predisposti ai piaceri della cerchia sociale.
Caro vecchio Natale, di Washington Irving
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